che si troua pure essere la verità? onto per fare che moressero la gente; un estratto di rospi e di serpi, con certe polvere che io non so che polvere siano. t. 3, c. 13, De tortura reorum, 5. Per qualche tempo però, il dolore non gli tirò fuori altro che grida compassionevoli, e proteste d'aver detta la verità. ha più del verisimile... che non è per hauer occasione di vendere, lui Constituto il suo elettuario, et il Commissario d'hauer modo di più lavorare? Dopo averlo condannato! La Storia della Colonna Infame (pp. Fa più maraviglia e più dispiacere il trovar lo stesso argomento e gli stessi improperi, in uno scritto d'un uomo molto più celebre, e con gran ragione. L'impunità e la tortura avevan prodotto due storie; e benché questo bastasse a tali giudici per proferir due condanne, vedremo ora come lavorassero e riuscissero, per quanto era possibile, a rifonder le due storie in una sola. II, pag. alcuni segni di materia ontuosa su que' muri abbruciacchiati e affumicati, e segnatamente in un andito... dove il Piazza non era entrato. II, quaest. La seconda cosa fu che in un cortiletto si vide un fornello con dentro murata una caldara di rame, nella quale si è trovato dentro dell'acqua torbida, in fondo della quale si è trovato una materia viscosa gialla et bianca, la quale, gettata al muro, fattone la prova, si attaccava. (83) Giannone, lib. Judices qui propter delectationem, quam habent torquendi reos, inveniunt novas tormentorum species(7) .". Eppure quelle così strane parole erano adattate alla circostanza: lo sventurato non avrebbe potuto trovarne altre che significassero meglio a che segno aveva, in quel momento, abdicato, per dir così, sé medesimo, e acconsentiva a affermare, a negare, a sapere quello soltanto, e tutto quello che fosse piaciuto a coloro che disponevan della tortura. a Storia della colonna infame è la storia di una cronaca giudiziaria. E se non fossero state che quelle prime angosce d'una moglie e d'una madre, quella rivelazione d'un così nuovo spavento, e d'un così nuovo cordoglio a bambine che vedevano metter le mani addosso al loro padre, al fratello, legarli, trattarli come scellerati; sarebbe un carico terribile contro coloro, i quali non avevano dalla giustizia il dovere, e nemmeno dalla legge il permesso di venire a ciò. Allora, o fosse un suo ritrovato per uscir d'impiccio in qualunque maniera, o fosse un vero accesso di frenesia, che ce n'era abbastanza cagioni, si mise a tremare, a storcersi, a gridare: aiuto! postilla qui, stavo per dire esclama, il Verri. § VIII. Ma che? (per fargli piacere), ma non accettarò il patrocinio. "La bugia per fare indizio alla tortura dev'esser provata concludentemente, o dalla propria confession del reo, o da due testimoni... essendo dottrina comune che due sian necessari a provare un indizio remoto, quale è la bugia(35) ". se, come aveva dato prova di saper fare, persisteva a negare anche ne' tormenti? Se non che la prima volta aveva detto: lui non mi disse niente; m'imagino bene che detto onto fosse velenato; la seconda: mi disse ch'era per far morire la gente. Interrogato quali passioni, in qual soggetto! Si vede che non potevan levarsi dalla testa il dubbio, e dal cuore il rimorso, che quella sciocca storia fosse un'ispirazion dell'impunità. E nello stesso tempo, cerca di fare intendere il contrario, accennando, timidamente e di fuga, qualche dubbio sulle circostanze più importanti; dirigendo, con una parola, la riflession del lettore al punto giusto; mettendo in bocca a qualche imputato parole più atte a dimostrar la sua innocenza, di quelle che aveva sapute trovar lui medesimo; mostrando finalmente quella compassione che non si prova se non per gl'innocenti. Il Piazza, che aveva sempre detto di non aver ricevuto danari, interrogato di nuovo, disse subito di sì. Gli domandano di certi due, vestiti alla francese; d'un cert'altro, vestito da prete: gente che il Baruello aveva detto esser venuti col Padilla all'abboccamento sulla piazza del castello. XXXVIII, 72, et seq. Perché una cosa tale chiamarla verità? Perché, quale assegnamento potesse fare sulla testimonianza de' due che aveva citati, si vede dalle loro deposizioni. Dio solo ha potuto distinguere qual più, qual meno tra queste abbia dominato nel cuor di que' giudici, e soggiogate le loro volontà: se la rabbia contro pericoli oscuri, che, impaziente di trovare un oggetto, afferrava quello che le veniva messo davanti; che aveva ricevuto una notizia desiderata, e non voleva trovarla falsa; aveva detto: Storia della colonna infame. che si esplichi meglio, perché si possa cavar cosa accertata da quello che dice. Questo era stato aggravarlo! Fu ricominciato e accresciuto il tormento: alle spietate istanze degli esaminatori, l'infelice rispondeva: Storia della colonna infame/Introduzione. E basterà un breve cenno su questa diversità, per far conoscere la ragione del nuovo lavoro. lib. Si contentava dunque d'indizi meno rigorosamente provati, ma li voleva provati in qualche maniera; di testimoni meno autorevoli, ma voleva testimoni; d'indizi più leggieri, ma voleva indizi reali, relativi al fatto; voleva insomma render più facile al giudice la scoperta del delitto, non dargli la facoltà di tormentare, sotto qualunque pretesto, chiunque gli venisse nelle mani. Gli fu replicato, che cosa dirà poi quando dal suddetto Gulielmo Piazza Commissario della Sanità, gli sarà questa verità sostenuta in faccia. (27) Ægid Bossii, Tractatus varii; tit. Sempre rispose: Ma crediamo che importi il distinguerne le vere ed efficienti cagioni, che furono atti iniqui, prodotti da che, se non da passioni perverse? 324-330. E se qualcosa potesse accrescer l'orrore, lo sdegno, la compassione, sarebbe il veder que' disgraziati, dopo l'intimazione d'una tal sentenza, confermare, anzi allargare le loro confessioni, e per la forza delle cagioni medesime che gliele avevano estorte. Per adempir dunque una tale formalità, chiamarono il Mora a un nuovo esame, il giorno seguente. Fu esorcizzato, acquietato, stimolato a dire; e cominciò un'altra storia, nella quale fece entrare incantatori e circoli e parole magiche e il diavolo, ch'egli aveva riconosciuto per padrone. ), s'era anche detto che fossero ufiziali spagnoli, così lo sciagurato inventore trovò anche qui qualcosa da attaccarsi. Il privilegio! persona grande. E per venir finalmente all'applicazione, era insegnamento comune, e quasi universale de' dottori, che la bugia dell'accusato nel rispondere al giudice, fosse uno degl'indizi legittimi, come dicevano, alla tortura. Ma questa è ragionevole in paragon dell'altra: Ci par di vedere la natura umana spinta invincibilmente al male da cagioni indipendenti dal suo arbitrio, e come legata in un sogno perverso e affannoso, da cui non ha mezzo di riscotersi, di cui non può nemmeno accorgersi. E si veda come gli avesse avvertiti a proposito il loro Bossi. E non temiamo d'aggiungere che potrà anche esser cosa, in mezzo ai più dolorosi sentimenti, consolante. Ma se il ridicolo del disinganno deve cadere addosso a lui, gli sia permesso almeno di protestare che nell'errore non ha colpa, e che, se viene alla luce un topo, lui non aveva detto che dovessero partorire i monti. Giovanni Loccenio (Synopsis juris Sueco-gothici), citato da Ottone Taber (Tractat. Quelle proteste potevano atterrire la coscienza de' giudici; potevano irritarla. Questo Volpi, interrogato su di ciò, non solo risponde di non ne saper nulla, ma, redarguito, aggiunge risolutamente: io giurarò che non ho mai visto che si siano parlati insieme. io dormo qui da basso, et non vado di sopra. Ma insegnavan forse che bastasse una bugia qualunque? se detto Barbiero è amico di lui Constituto. LXIV, 9. esamini Baldassar Litta, che sta nella casa dell'Antiano, nella Contrada di S. Bernardino, et Stefano Buzzio, che fa il tintore, et sta nel portone per contro S. Agostino, presso S. Ambrogio, li quali sono informati ch'io sono stato nella casa et bottega di detto Barbiero. Il motivo di quelle odiose, se non crudeli prescrizioni, di tosare, rivestire, purgare, lo diremo con le parole del Verri. Dopo, ritorna il Nani e va avanti, prima solo, per un bel pezzo, poi alternato, e, per dir così, a scacchi, col Parrino. Quando il Piazza asserì per la prima volta, che il barbiere, suo amico di bon dì e bon anno, con quella medesima libertà e "Badi il giudice di non adoprar tormenti ricercati e inusitati; perché chi fa tali cose è degno d'esser chiamato carnefice piuttosto che giudice," scrive Giulio Claro(12) . Un altro istoriografo, ma in un campo più vasto, Batista Nani, veneziano, che in questo caso non poteva esser condotto da nessun riguardo a dire il falso, fu condotto a crederlo dall'autorità d'un'iscrizione e d'un monumento. (26) Et deo lex super indiciis gravat coscientias iudicum. lib. cit. E l'altre, dico in generale tutte le questioni d'un'importanza più immediata, e più pratica, erano forse sciolte e sciolte a dovere, erano almeno discusse, esaminate quando gli scrittori comparvero? (4) Cod. I più letti: Back to school: come si torna in classe| Mappe concettuali |Tema sul coronavirus| Temi svolti, Letteratura italiana — Il testo integrale e introduzione della "Storia della colonna infame" (47 pagine formato doc). Infatti, rimandato subito il Piazza, intimano a lui, che dica hormai la verità; e appena ha risposto: Signore, la verità l'ho detta; gli minacciano la tortura: il che si farà sempre senza pregiuditio di quello che è convitto, et confesso, et non altrimenti. "Basti un solo orrore per tutti; e questo viene riferito dal celebre Claro milanese, che è il sommo maestro di questa pratica: - Un giudice può, avendo in carcere una donna sospetta di delitto, farsela venire nella sua stanza secretamente, ivi accarezzarla, fingere di amarla, prometterle la libertà affine d'indurla ad accusarsi del delitto, e che con un tal mezzo un certo reggente indusse una giovine ad aggravarsi d'un omicidio, e la condusse a perdere la testa. Dice che il veleno lo teneva nel fornello, cioè dove loro s'erano immaginati che potesse essere; dice come lo componeva, e conclude: buttavo via il resto nella Vedra. Questione interessantissima, giacché si tratta di giudicar l'effetto e l'intento del lavoro intellettuale di più secoli, in una materia così importante, anzi così necessaria all'umanità; questione del nostro tempo, giacché, come abbiamo accennato, e del resto ognun sa, il momento in cui si lavora a rovesciare un sistema, non è il più adattato a farne imparzialmente la storia; ma questione da risolversi, o piuttosto storia da farsi, con altro che con pochi e sconnessi cenni. Si spaventavano d'essere andati (foss'anche senza colpa) tanto avanti; si consolavano di non essere almeno andati fino all'ultimo, all'irreparabile affatto; si fermavano all'inciampo fortunato che gli aveva trattenuti dal precipizio; s'attaccavano a quella difficoltà, volevano scioglier quel nodo; qui adopravan tutta l'arte, tutta l'insistenza, tutti i rigiri dell'interrogazioni; qui ricorrevano ai confronti; non facevano un passo prima d'aver trovato (ed era forse cosa difficile?) Non sempre, poiché l'avvocato del Padilla, che divenne, come or ora vedremo, il concreto della Studi di teoria e storia della letteratura e della … Probabilmente il difensore poté spogliar di nuovo il processo originale, e farci una seconda scelta di ciò che gli paresse utile alla causa del suo cliente. … Fa piacere il sentir l'innocenza sdegnata parlare un tal linguaggio; ma fa orrore il rammentarsi l'innocenza, davanti a quegli uomini stessi, spaventata, confusa, disperata, bugiarda, calunniatrice; l'innocenza imperterrita, costante, veridica, e condannata ugualmente. Cita poi il Verri alcune loro proposizioni; le quali non basterebbero per fondarci sopra un generale giudizio storico, quand'anche fossero tutte esattamente citate. Ed ecco cosa rispose: passai di là, et lui chiamandomi mi disse: vi ho puoi da dare un non so che; io gli dissi che cosa era? La legge romana, che aveva vigore ne' casi a cui non provvedessero gli statuti, non lo dice di più, benché ci adopri più parole. La legge, dico, era divenuta una scienza; anzi alla scienza, cioè al diritto romano interpretato da essa, a quelle antiche leggi de' diversi paesi che lo studio e l'autorità crescente del diritto romano non aveva fatte dimenticare, e ch'erano ugualmente interpretate dalla scienza, alle consuetudini approvate da essa, a' suoi precetti passati in consuetudini, era quasi unicamente appropriato il nome di legge: gli atti dell'autorità sovrana, qualunque fosse, si chiamavano ordini, decreti, gride, o con altrettali nomi; e avevano annessa non so quale idea d'occasionale e di temporario.
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